Sailor moon

Ennesima notte insonne e l’ultima puntata di sailor moon crystal, oltre al farmi piangere (sì, va bene? qualcosa in contrario?) mi ha riportata all’infanzia.

Era il 1995, andavo in prima elementare. I ricordi che ho, sono tra i pochi belli, sparsi, ma belli. Ricordo l’autunno, la pioggia e me con la bocca aperta e la lingua di fuori per cercare di prendere le gocce d’acqua. Il profumo dei libri di scuola appena comprati, dei colori, dei quaderni: che gioia. Insieme al natale e alla pasqua, penso fosse il periodo più bello che aspettavo con ansia ogni anno. Il mio primo giorno di scuola, non andai, era il mio compleanno, andai il secondo e arrivai in ritardo, come ogni giorno. Aprì la porta piano (come ogni giorno, ricordo che la maestra disse che mettevo ansia) ed entrai impaurita e un bambino si alzò urlando il mio nome: era il mio vicino di casa. Non ricordo altro di quel giorno. Ero una bambina speciale, particolare: non parlavo molto, avevo sempre paura di dire qualcosa di sbagliato che mi facesse etichettare come “strana” (cosa che accadde nuovamente alle superiori). Mi perdevo nei cartoni, nelle loro storie, sognavo di essere quel personaggio (adesso accade lo stesso, con i film e le serie TV. E’ proprio vero che da adulti siamo i bambini che  eravamo a sei anni). Ho sempre avuto i capelli lunghi, lunghissimi, fino al sedere. Un giorno chiesi a mia madre di farmi i capelli come lei: Usagi (alias Sailor Moon). Io potevo, non avevo bisogno di stupide parrucche bionde. Certo, ero castana, ma andava bene lo stesso. Ricordo ancora le prese in giro, tornai a casa vergognatissima. I bambini non conoscono la cattiveria, motivo per cui riescono ad esserlo più degli adulti. Disegnavo sempre sailor moon, dalla mattina alla sera, tutti i miei disegni erano ispirati a lei: era l’unica cosa che riuscivo a disegnare bene. In terza elementare partecipai ad un concorso della despar, avrebbe vinto il miglior disegno, non ricordo neanche “cosa” si vinceva. Disegnai, al solito, sailor moon, ma mio padre mi sgridò dicendo di disegnare qualcos’altro, così feci il papero amico di calimero, quello verde, per intenderci. Ma torniamo ai miei sei anni, che sono quelli che ricordo maggiormente. La sera del mio compleanno mio zio suonò in piazza nel mio paese con la sua cover band dei police, ricordo “De do do do de da da da”, forse la canzone più stupida dei police. Non ricordo il natale di quell’anno, ricordo dei “natali”, ma non gli so dare un periodo temporale. Soffrivo tantissimo a sei anni, non so perché sia il periodo che ricordo di più in effetti. Che sia chiaro: anche gli altri anni non era meglio la situazione. In classe ero amica di quelli “sfigati”, non ero di certo tra quelli “in”. C’era solo un bambino di quel gruppo con cui ero amica, ma perché eravamo i migliori a disegnare e quindi le maestre ci facevano fare sempre i lavori insieme. Ricordo che soffriva d’asma e che aveva sempre le mani umide, sudate e rosse. C’erano altri due bambini con cui ero molto amica, ed infine mi ero intrufolata in un gruppo di tre bambine, ma solo con una di loro ero davvero legata, le altre due sono sempre state loro e basta (fino ad ora stanno sempre insieme, da come ho potuto notare su FB). Ricordo la macchina di mio padre: una Y10 verde scuro. Uno dei miei sogni ricorrenti era ritrovarmi alla guida di quest’auto, sola, impazzita; non riuscivo mai a tornare a casa, mi svegliavo sempre a metà. Ho smesso di fare questo sogno quando un giorno (durante gli anni delle elementari) sono riuscita a mettermi al volante e a guidare. Adesso, da adulta, posso rendermi conto di come mi dovevo sentire sola. Facevo la pipì a letto e, anche a quei tempi, non dormivo la notte se non quando crollavo; ero sempre l’ultima, mi addormentavo intorno alle 3-4. Ho sempre fatto un sacco di assenze, e questa “pecca” me la sono portata fino alle superiori. Avevo una babysitter, ma non la ricordo in viso. Mio padre stava poco a casa, lavorava sempre fuori; mia madre non lo so, lei racconta sempre di un lavoro ma io non lo ricordo, ricordo solo che dormiva e che andavo da lei a chiederle di giocare perché mi annoiavo, ma lei continuava a dormire (ho pure trovato un disegno della prima elementare, le maestre ci chiesero di disegnare la nostra famiglia: io disegnai me, mio padre e mio fratello da una parte, mia madre dalla parte opposta del foglio con le “zzzZzz” sopra la testa). Di notte, però, andavo nel letto con lei la maggior parte delle volte, avevo troppa paura di rimanere sola; però ricordo che ero piena di rabbia nei suoi confronti, non ricordo il perché. A volte vorrei poter avere una videocassetta, un dvd, qualcosa insomma, della mia vita. Vorrei ritornare a quel periodo, ma non per viverlo in prima persona, bensì per guardarlo passare, forse mi aiuterebbe a capire molte, molte più cose. Penso mi aiuterebbe a capire anche come sono adesso e perché.

Prima ho scritto che noi, da adulti, in realtà siamo i bambini che eravamo a sei anni. Lo ripenso e lo confermo. Noi siamo quelli, da adulti ci adattiamo al mondo, ma il nostro “vero” io è quello. Tutt’ora, se potessi farlo, starei sola a disegnare per ore, invece di interagire stupidamente con la gente che ho attorno e con cui in realtà, a volte, non ho neanche voglia. Tutt’ora, se qualcuno mi fa notare una mia stranezza, o mi corregge se sbaglio qualcosa, mi chiudo subito in me stessa e sento come un peso sullo stomaco, come quando ero bambina. Ritorno in un attimo ad avere sei anni, non riesco ad uscirne.

Adesso ho 25 anni, ma come si fa a crescere? Come si cresce? A volte rivorrei la vita a cui sono stata obbligata a dire addio: la mia casa, la mia famiglia, il mio paese. Forse sarei cresciuta in modo migliore se le cose non fossero andate in un certo modo, se non mi fossi traferita, se i miei stessero ancora insieme. Forse avrei avuto una legge morale interiore e degli ideali giusti senza dover andare da un’analista per “sistemarmi”. Forse molti sbagli non li avrei commessi e adesso non mi sentirei in colpa per quell’adolescente sperduta e stupida che sono stata ma che, grazie a dio, ho smesso di essere. Il mio analista mi ha salvata, non smetterò mai di dirlo.

Forse questo è migliore come primo post. Facciamo cambio?